Sì o no al patentino. È questo il problema?
Ha destato sensazione il gesto dell’allenatore toscano Renzo Ulivieri incatenatosi davanti alla sede della Figc. Solo l’intervento del presidente Abete lo ha fatto tornare sui suoi passi

TRASIMENO – È ancora viva l’immagine di Renzo Ulivieri, presidente Aiac (Associazione italiana allenatori calciatori), incatenato davanti alla sede della Figc in via Allegri a Roma.
Ha destato sensazione il gesto del popolare allenatore Toscano.
Solo l’intervento del presidente Giancarlo Abete lo ha fatto tornare sui suoi passi.
Motivo della clamorosa protesta, la decisione della Federazione di cancellare l’obbligo, per gli allenatori, del cosiddetto patentino dalla 1^ Categoria alla 3^ e nella Juniores. Ciò ha provocato un tsunami di velenose polemiche. Un tempo nelle panchine dei dilettanti era una vera e propri jungla. Si cercò di porre rimedio istituendo un regolare corso di circa un mese per tutti coloro che volessero intraprendere la carriera di coach. Dopo alcuni anni, con una decisione improvvisa, tutto ritornò come prima. Nei dilettanti, a partire dalla 1^ Categoria, è inutile spendere tempo e denaro per formare il cosiddetto mister. Nessuno può negarlo: il calcio a questi livelli rimane sempre uno sport da praticare nel tempo libero e non da professionista. Ed è altrettanto vero che dall’allenatore di base molti soggetti hanno trovato lo stimolo per diventare allenatori nei professionisti.
Rimane il fatto che una volta istituito un percorso è difficile tornare indietro. E c’è anche il rischio di creare sfiducia nell’ambiente calcistico, senza tenere conto di hanno fatto e continua a fare sacrifici. Il problema è più complesso di quello che può sembrare. Occorre unità d’intenti. Noi siamo con Renzo Ulivieri che, da buon presidente della categoria degli allenatori, con il suo gesto ha ridestato l’attenzione sul tema. (Giorgio Fanfano)


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